Autunno in Oratorio VIII Edizione

Anno 2012-2013
Luogo Oratorio San Filippo

invito

manifesto inaugurale

Autunno in Oratorio  VIII edizione
“Il Vangelo a Genova, storie di fede”

Ritornano i “Sermones” all’Oratorio di san Filippo

E’ solo alla luce di una Speranza affidabile che diventa possibile “affrontare il nostro presente”, ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI nella lettera enciclica Spe salvi. E’ allora cosa di primaria importanza, all’inizio dell’anno della Fede, guardare a chi prima di noi ha vissuto ed incarnato nella propria vita l’incontro con la Grazia.

L’incontro con l’oggi diviene una possibilità di senso ed una promessa di significato solo se nel nostro cammino si dischiudono i segni visibili di un evento che non fa parte di un passato da ricordare con nostalgia ma di una realtà che accade nel presente.

Occorre perciò chiedersi su quali orme porremo i nostri passi nel cammino verso il futuro. Come bambini che si affidano ad un papà o ad una mamma che sono per loro fonte di una chiara promessa circa il significato della vita, dobbiamo chiederci chi vogliamo seguire.

Sotto questa prospettiva diventa allora un viaggio interessante andare a vedere (proprio come accadde ai primi discepoli che andarono e videro dove abitava) come affrontarono le sfide del loro oggi coloro che ci hanno preceduto nel vivere il dono della Fede in questa nostra città di Genova.

Ecco dunque la ragione profonda che ispira, nell’ambito di “Autunno in Oratorio”, la stagione 2012 dei “Sermones” dal significativo titolo “Il Vangelo a Genova, storie di fede”.

La prolusione inaugurale è prevista venerdì 26 ottobre alle 18.15 nella sala dell’Oratorio di san Filippo in via Lomellini e sarà tenuta da S.E.R. Mons. Luigi Palletti, Vescovo ausiliare della nostra Arcidiocesi.

I quattro incontri seguenti – che si terranno il sabato alle 16.45 – presenteranno quattro persone che hanno incarnato la straordinarietà dell’irrompere della novità del Vangelo nella nostra città.

Si comincerà il 10 novembre quando la Prof.ssa Sandra Isetta, dell’Università degli Studi di Genova, illustrerà la figura del Beato Jacopo da Varagine, l’autore della “Leggenda aurea”, uno dei best-seller del Medio
Evo. Sabato 17 seguirà Santa Virginia Centurione Bracelli, introdotta da Padre Gabriele Ambu O.F.M. Cap; il 24 novembre la Prof.ssa Maria Stella Rollandi, dell’Università degli Studi di Genova, ci parlerà della poliedrica figura della  Duchessa di Galliera, Maria Brignole Sale De Ferrari; ed infine il 1° dicembre Davide Gandini, segretario generale del Piccolo Cottolengo Don Orione, ci accompagnerà in una conoscenza
più approfondita di San Luigi Orione, che fece di Genova uno dei capisaldi della sua monumentale opera di carità.

Oltre i “Sermones”, la rassegna “Autunno in Oratorio” prevede anche due concerti.

Il 1° novembre, giorno di Tutti i Santi, alle 16.45, il tradizionale concerto di inaugurazione delle attività oratoriane: un ascolto di soul and blues anche quest’anno offerto dal Ligurian Sea, in collaborazione con ENTEL-MCL.

L’8 dicembre concluderà la rassegna il concerto per l’Immacolata, offerto dal coro Musica Nova sotto la direzione del Maestro Mario Faveto.

San Filippo Neri era solito dire che “se havesse avuto diece persone veramente staccate e che non volessero altro che Christo, gli bastava l’animo di convertir tutto il mondo”, richiamandoci a lui desideriamo rinnovare costantemente le ragioni della nostra Speranza che, lungi dall’essere un rifugio ed una fuga dal mondo, sono l’unica strada che rende la vita umana una straordinaria avventura che punta dritto,
come ci ricorda Dante, verso “l’Amor che move il sole e l’altre stelle”.

Fabio Campinoti

 

venerdì 26 ottobre ore 18.15
Prolusione inaugurale
S.Ecc. Mons. Luigi Palletti
Vescovo Ausiliare

giovedì 1° novembre ore 16.45
Concerto per Tutti i Santi
Ligurian Sea – soul & blues
in collaborazione con ENTEL/MCL

sabato 10 novembre ore 16.45
il beato Jacopo da Varagine
prof.ssa Sandra Isetta, Università di Genova

sabato 17 novembre ore 16.45
santa Virginia Centurione Bracelli
padre Gabriele Ambu, OFM Cap.

sabato 24 novembre ore 16.45
Maria Brignole Sale De Ferrari, duchessa di Galliera
prof.ssa Maria Stella Rollandi, Università di Genova

sabato 1 dicembre ore 16.45
san Luigi Orione
dott. Davide Gandini,  segretario generale del Piccolo Cottolengo di Don Orione

sabato 8 dicembre ore 16.45
Concerto per l’Immacolata
coro Musica Nova, direttore Mario Faveto

Autunno in Oratorio VIII Edizione – Prolusione inaugurale

Anno 2012-2013
Luogo Oratorio San Filippo

venerdì 26 ottobre ore 18.15

Prolusione inaugurale
S.Ecc. Mons. Luigi Palletti
Vescovo Ausiliare

Audio Completo:

Articolo del cittadino

Come riscoprire l’essenza del cristianesimo all’inizio dell’anno della fede? Con questo interrogativo ha avuto inizio la Prolusione dei Sermones 2012 presso l’Oratorio di San Filippo Neri.
Padre Mauro De Gioia, dopo aver porto ai presenti i saluti del Presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e del Padre Visitatore Felix Selden, ha ringraziato vivamente S.E.R. Mons. Luigi Ernesto Palletti, Vescovo eletto di La Spezia, per la gentile disponibilità offerta all’Oratorio.
La conversazione, secondo il consueto stile oratoriano dei Sermones, è stata subito connotata da un confronto aperto e sereno con l’interrogativo posto dallo stesso Santo Padre Benedetto XVI nel documento “Porta Fidei”.
Spesso infatti i cristiani si lasciano prendere dalle varie attività della vita secolare fino a dimenticarsi dell’essenza stessa del cristianesimo.
Il centro della vita cristiana è la persona di Cristo Signore, occorre però  domandarsi con la massima sincerità che cosa voglia dire, per noi, questa centralità.
Se i Santi sono coloro che hanno vissuto una vita compiuta e bella proprio grazie all’incontro concreto con Cristo nella loro vita quotidiana, diventa allora decisivo il nostro guardare a loro per non perdere di vista il fatto che anche la nostra esistenza si deve compiere attraverso questo personalissimo incontro.
Per senso di concretezza sono state privilegiate persone che hanno operato a Genova, in uno spirito di servizio e dialogo anche con i non credenti, al fine di favorire la conoscenza di un cristianesimo che ha circolato, e circola, attraverso le mani ed i volti di coloro che hanno calcato le strade della nostra città. Il dialogo può avvenire infatti solo a partire da una conoscenza ben fondata dell’identità dell’altro, incontrata nella realtà dei fatti e non sulla base di voci e mezze verità.
Mons. Palletti ha quindi presentato un solido ritratto di Ettore Vernazza, del quale ha curato in passato l’inizio della causa di canonizzazione.
Quella offerta da Sua Eccellenza è stata una rilettura del modo in cui, nella vita del Vernazza, la santità si è coniugata con una fruizione del mondo che ha fatto della propria professionalità secolare l’occasione per incarnare il Vangelo nel mondo, evitando accuratamente ogni logica dualista.
Ettore Vernazza fu un uomo del suo tempo, pienamente inserito nei fermenti culturali, spirituali ed economici che animavano la vita degli stati italiani tra la fine del 1400 e la prima metà del 1500.
Tuttavia egli riuscì ad operare nel mondo senza mai abbandonare quell’atteggiamento interiore di povertà che consiste nell’avere come se non si avesse e che lo portò a vivere la propria esistenza ed il proprio agire sempre più come un’incarnazione dentro la realtà.
Egli coniugò felicemente in se stesso tre aspetti complementari e fondamentali della vita cristiana, in lui infatti la spiritualità (un intenso rapporto con Dio) e l’uso della ragione erano al servizio di un’ardente opera di carità, che prese la forma di progetti, anche finanziari, volti a rendere presente e operante l’azione salvifica di Cristo nella realtà storica del suo tempo.
Si tratta quindi di un agire dentro la storia. Una vocazione alla secolarità che lo portò a concretizzare nelle opere ciò che viveva dentro di se. Tutto ciò si realizzò nella fondazione e ricostruzione degli Ospitali per gli incurabili (i malati di sifilide, realtà nuova per l’epoca). A Genova, tra le altre cose, nella
rifondazione della Compagnia del Mandilletto e nella realizzazione del Lazzaretto in occasione dell’epidemia di peste che colpì la città, all’interno della quale, proprio curando gli appestati, si ammalò e morì venendo infine gettato in una fossa comune.
Uomo sposato conduceva una vita che oggi chiameremmo in carriera, ma tutto ciò era messo al servizio di Cristo. Questo lo rese sensibile non solo ai bisogni materiali dei fratelli ma anche a quelli spirituali e culturali. Eccolo dunque fra i promotori della fondazione dell’Università di Genova, come pure attivo nell’istituire delle strutture per ragazze sole e che conducevano una vita a rischio.
Vernazza non ebbe remore ad usare il mondo stesso della finanza, permeando gli strumenti finanziari di un liberante spirito evangelico, al fine di creare un fondo che strutturò in modo tale che potesse rimanere al servizio dei più deboli.
Un umanesimo cristiano dunque ed una spiritualità non segnata dal dualismo, ma capace di guardare al fondo di bene presente in ogni opera creata anche dall’intelletto umano.
Stiamo parlando qui di un’azione nel mondo con le strutture del mondo, non contro dunque ma dentro.
Con questo bellissimo ritratto a tutto tondo di Ettore Vernazza, Mons. Palletti ci ha dunque introdotto nel modo migliore nella nuova stagione dei Sermones, che vedrà il prossimo appuntamento, il 10 novembre alle ore 16.45, incentrarsi sul Beato Jacopo da Varagine: lo presenterà la Prof.ssa
Sandra Isetta, docente di Letteratura Cristiana Antica e di Filologia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Genova.

Autunno in Oratorio VII Edizione – Bruce Springsteen, walk like a man

Anno 2011-2012
Luogo Oratorio San Filippo

sabato 3 dicembre ore 16.45

Bruce Springsteen, walk like a man
il cammino, la strada, la ricerca dell’uomo
Andrea Monda

Bruce Springsteen, in arte “the Boss”, è una delle rockstar più famose del mondo. Da quasi 40 anni il suo rock, epico ed energico, lo ha reso un’icona della musica rock di cui incarna lo spirito di rabbia e speranza, vitalità e ricerca. Nato da una famiglia italo-irlandese il Boss è l’espressione del sogno americano della frontiera, di chi, radicato fortemente nelle proprie radici, cerca sempre un “al di là”, di andare sempre “oltre il confine”, in un percorso sempre in bilico tra le “badlands” e la “promise land”.

Il cammino di Springsteen è segnato da una ricerca interiore, morale e spirituale, che possa portare l’uomo ad una maggiore dimensione di autenticità e dignità così come la carica vitale della sua musica (e dei suoi concerti dal vivo) hanno trasmesso una carica positiva e vitale a intere generazioni di amanti del rock e folk americano.

Audio Completo:

Articolo de Il Cittadino

The Boss

Spero che la maggior parte dei miei venticinque lettori sia fatta da giovani. Non perché senta di doverli privilegiare, ma solo perché, dato il mestiere che mi capita di fare – sono un insegnante di Religione e collaboro con una cattedra universitaria – il colloquio con loro mi resta più facile. Allora, ragazzi, voialtri sapete senza alcun dubbio chi è “The Boss”. No? Male! Avreste fatto meglio a partecipare all’ultimo incontro della rassegna “Sermones 2011”, tenutosi sabato scorso presso l’Oratorio di San Filippo Neri, in via Lomellini. Andrea Monda, docente di Religione presso alcuni licei romani, scrittore e saggista, e Antonio Zirilli, musicista, hanno accompagnato un folto uditorio in un autentico viaggio attraverso la musica di Bruce Springsteen, in arte “The Boss”, alla scoperta di canzoni che “parlano della vita di tutti i giorni, delle mura domestiche, ma che in realtà si inscrivono in una luce più grande”. Mi rendo conto di quanto i tempi siano cambiati, e di come Fabri Fibra, Katy Perry e Lady Gaga – per citare solo i più quotati – abbiano rimpiazzato autentici miti (ma non tutto di loro è da buttare, sia chiaro!). Ad eccezione di una sparuta pattuglia, la maggior parte di voi non ha la più pallida idea di chi sia Bruce Springsteen. Ben vengano dunque incontri di questo genere. Ragazzi, attenti. Chissà, magari potreste appassionarvi.

Nato nel 1949 nel New Jersey, da padre irlandese e madre italiana – “cattolico fin nel midollo”, secondo Monda -, Springsteen inizia la sua carriera a 16 anni assieme ad un gruppo di amici. Al principio degli anni Settanta fonda la sua band storica, la “Bruce Springsteen and The E Street Band”. Le sue prime canzoni trattano di una gioventù illusa: i suoi personaggi sono spesso dei perdenti, gente comune dell’immensa periferia statunitense che lotta per sopravvivere (con la quale, peraltro, io solidarizzo “toto corde”). Per trarre ispirazione il Boss guarda, oltre alla sua vita personale – fatta di alti e bassi -, soprattutto a chi gli sta attorno, a quelle milioni di persone strette tra la rincorsa del “sogno americano” e il crudo quotidiano della periferia. Le sue corde vibrano all’unisono con scrittori del calibro di John Steinbeck e Flannery O’Connor. In “Adam Raised A Cain”, ad esempio, ispirata al romanzo “East of Eden” di Steinbeck, Springsteen canta il suo rapporto con il padre – per molto tempo conflittuale – parlando di un peccato ereditato e del “venire al mondo pagando / per i peccati del passato di qualcun altro”. Riguardo alla O’Connor, egli si appassiona al racconto “A Good Man Is Hard To Find”, tanto da trarne una canzone. Tra le sue fonti d’ispirazione v’è anche la Bibbia. Anzi, vari teologi – cattolici e protestanti – hanno notato la qualità “redentiva” dell’opera di Springsteen, giocata in una dialettica di perdizione e speranza. E’ quanto avviene nel doppio album “The River” (1980), in particolare nella canzone “Hungry Heart” (“Cuore affamato”), ottimamente interpretata da Zirilli -, nella quale i sogni assumono la forma di un’inesauribile inquietudine: “Everybody’s got a Hungry heart”. Alcuni hanno letto queste parole come un richiamo alle Confessioni agostiniane: “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”.

Il suo primo vero successo risale al 1975: l’album “Born to Run” scaraventa Springsteen nell’olimpo del rock. Quasi dieci anni dopo, nel 1984, esce “Born In The U.S.A.”. Qualcuno vuole farne un inno patriottico (Reagan cerca di usarla nella sua campagna elettorale ma Springsteen rifiuta). La canzone tratta degli effetti della Guerra del Vietnam sugli americani: “Sono dieci anni che brucio per la strada. / Nessun posto dove correre, nessun posto dove andare”. All’uscita del disco successivo, “Tunnel Of Love” (1987), la rivista “Rolling Stone” commenta: “qui può essere chiaramente percepita l’educazione cattolica ricevuta da Springsteen; i protagonisti pregano ripetutamente di essere liberati dal male, le storie d’amore sono rappresentate come una manifestazione della grazia divina”. Va ora in scena l’uomo maturo che deve fare i conti con la sua vita personale, con un’idea di casa e di famiglia che nulla può sostituire. “Living Proof” è la canzone di Springsteen diventato padre; un vero e proprio inno alla paternità: “Una notte d’estate in una stanza buia / entrò una minima parte della luce eterna del Signore, / urlando come se avesse inghiottito la luna accesa. / Nelle braccia di sua madre c’era tutta la bellezza possibile, / come le parole mancanti di una preghiera che non sarei mai riuscito / a inventare. / In un mondo così duro e sporco, così disonesto e confuso, / in cerca di un po’ della misericordia di Dio, / ho trovato la prova vivente”.

Gli eventi dell’11 settembre 2001 segnano una svolta nella sua produzione artistica. Al “Tribute to Helpers”, tenutosi dieci giorni dopo per raccogliere fondi a favore delle vittime, Springsteen partecipa con la canzone “My City Of Ruins”, composta in realtà prima del crollo. In pochi mesi esce il nuovo disco. La parola chiave è nel titolo: “The Rising”, “Resurrezione”. Springsteen narra di un pompiere che sta salendo le scale di una delle torri colpite. Egli quotidianamente porta “the cross of my calling” (“la croce della mia chiamata”). Ora è giunto ad una soglia di confine. All’improvviso ha una visione: “Ci sono spiriti sopra e dietro di me, / facce diventate nere, occhi che bruciano e splendono. / Il loro sangue prezioso mi leghi, / Signore, quando io sarò davanti alla tua luce ardente”. Sopraggiunge una donna: “Ti vedo, Maria, nel giardino; / nel giardino dei mille sospiri / ci sono immagini sacre dei tuoi figli / che danzano in un cielo pieno di luce”. “Maria è la sua Beatrice” – ha spiegato Monda. “Si tratta di un nome che compare in molte delle sue canzoni”. In effetti, la pratica religiosa fornisce al Boss “il linguaggio e i simboli più adatti per dire l’esperienza universale del dolore, della morte e soprattutto dell’attesa di una risurrezione”; ciò che rappresenta “il centro di tutta la sua esperienza umana e spirituale”.

Questo dunque, in estrema – estremissima – sintesi (i cultori non me ne vogliano), il percorso di Spingsteen. Ma lasciatemi esprimere ancora un pensiero. Mi rivolgo nuovamente a voi, ragazzi. Sapete che le mie sono parole sincere. Voi siete fin troppo svegli per lasciarvi abbindolare – come ha detto uno famoso – “dal conformismo strisciante e belante della modernità”; di questa modernità che ci propina modelli da seguire e strutture di pensiero che sono un autentico inno alla banalità. Non ho nulla contro la vostra musica. Anzi, ultimamente mi capita di tutto, anche di trovarmi quasi d’accordo con quel toscanaccio di Cherubini e con il suo Big Bang… Ma vi consiglio (ed è un consiglio spassionato) di guardarvi attorno. Potreste rimanere piacevolmente folgorati.

Antonio Musarra

Autunno in Oratorio VII Edizione – La fede e la musica

Anno 2011-2012
Luogo Oratorio San Filippo

sabato 26 novembre ore 16.45

la fede e la musica
le Messe di W.A. Mozart
Pierpaolo Bellini

“Mozart ha nella preghiera l’atteggiamento del bambino, dice tutto e ciò gli ritorna in melodia. Non c’è differenza fra il suo essere al pianoforte e il suo pregare. La musica serve a offrire all’uomo un’esperienza di preghiera” (Adrienne Von Speyer)

Audio Completo

Estratto Video:

Articolo de Il Cittadino

Mozart: cristiano o massone?

Viviamo in tempi complessi. Senza dubbio interessanti; anzi, interessanti appunto perché complessi. Avvertiamo la necessità di mettere tutto in discussione. Così, anche capolavori assoluti dell’arte musicale – come la musica liturgica di Mozart – possono essere relegati al grado di musica d’occasione – d’occasione “economica”, s’intende. E’ quanto va affermando da qualche tempo una fiorente corrente storiografica, la quale, per sconfessare la venerazione di certi ambienti del mondo cattolico per il grande compositore, sta calcando la mano sulla sua adesione agli ideali massonici e libertini. In realtà la questione è molto più complessa, come ha mostrato sabato scorso, 26 novembre, Pier Paolo Bellini, sociologo dell’Università del Molise, intervenendo nell’ambito della rassegna “Sermones 2011” presso l’Oratorio di San Filippo Neri in via Lomellini. Senza dubbio è esistito un Mozart libertino (si leggano a questo proposito le lettere inviate alla cugina e probabile prima amante Maria Anna Thekla); è esistito altresì un Mozart massone o filo-tale (e qui basti pensare al “Flauto Magico”: non deve forse Tamino percorrere tutti i gradi iniziatici per conseguire una purificazione interiore che nulla ha a che vedere con l’attesa di un Salvatore?); è esistito tuttavia anche un Mozart “molto cosciente di cosa fosse il Cristianesimo”, e questo Bellini l’ha mostrato molto bene presentando ad un folto uditorio alcuni brani d’eccezionale bellezza.

Vi sono indizi di un’adesione genuina di Mozart al Cattolicesimo? Chi voglia occuparsi di questo problema dovrà prendere in esame innanzitutto il folto epistolario mozartiano. In una lettera scritta al padre nel 1777 egli afferma infatti: “Papà, può vivere tranquillo, io ho sempre Iddio dinanzi agli occhi. Riconosco la sua Onnipotenza, temo la sua ira, ma riconosco pure il suo Amore, la sua Compassione e la sua Misericordia in relazione alle sue creature; egli non abbandonerà mai i suoi servi. Tutto ciò che va secondo la sua volontà, questo piace anche a me, di conseguenza nulla può mancarmi, ed io sono felice e contento”. Nel 1781 scriveva invece: “Sono un giovane peccatore, come tutti, ma per mia consolazione posso dire che magari gli altri sbagliassero così raramente come me. […] Tutte le domeniche e i giorni festivi ascolto la messa e se è possibile anche i giorni feriali, lo sa bene lei, padre mio!”. Gli esempi sono tanti; ma forse – ha ricordato Bellini – “la prova più grande della sua religiosità sta proprio nella sua musica”. Prendiamo ad esempio la Messa in Do minore, in particolare l’“et incarnatus est”: sei parole cantate per otto minuti, per Bellini “un autentico canto d’amore, un brano capace di comunicare una dolcezza assoluta, dove la voce fa a gara con gli strumenti per vedere chi è più capace di dire la gioia dell’Avvenimento cristiano”. “E’ canto allo stato puro” – diceva don Giussani, riferendosi proprio a questo brano; in esso “tutto il tendere dell’uomo si scioglie nella limpidezza originale, nella purezza assoluta dello sguardo che vede e riconosce; un fiotto di pace e di gioia che nasce dallo stupore del cuore quando è posto di fronte all’avverarsi della sua attesa, al miracolo del compimento della sua domanda”.

Mozart era dunque sinceramente religioso? Non è del tutto corretto farne un santo, ma senza dubbio Bellini ha ragione nell’affermare che la sua musica sacra altro non può essere che espressione di sentimenti autentici e genuini. A riprova di ciò aggiungo che proprio nell’ultimo anno di vita, il 1791, Mozart compose due autentici capolavori – la Messa da Requiem (su commissione) e l’Ave Verum -, che difficilmente possono essere ascritti a difficoltà economiche di sorta. Vale la pena soffermarsi sulle parole dell’Ave Verum, composto a Baden qualche giorno prima della solennità del Corpus Domini: “Ave Verum Corpus natum de Maria Virgine / Vere passum, immolatum in cruce pro homine, / Cujus latus perforatum aqua fluxit et sanguine, / Esto nobis praegustatum in mortis examine. / O Jesu dulcis, O Jesu pie, O Jesu, fili Mariae, / Miserere mei”. E’ davvero possibile comporre musica tanto sublime, per di più su un testo del genere, senza che esso sia vissuto interiormente? La realtà è che nelle appena 46 battute di questo gioiello è possibile trovare un’attenzione estrema al significato delle parole: ciò che non fa altro che aumentare l’incanto.

Antonio Musarra

Autunno in Oratorio VII Edizione – La musica e la bellezza

Anno 2011-2012
Luogo Oratorio San Filippo

sabato 19 novembre ore 16.45
la musica e la bellezza
liturgia e arti figurative
Fausta Franchini Guelfi e Marco Gozzi

Per chi entra in una chiesa durante una funzione solenne due sono i sensi che vengono immediatamente sollecitati: l’udito e la vista. La parola, il canto, la musica strumentale, l’architettura, l’arte figurativa, gli arredi. Quale rapporto c’è tra queste due esperienze, delle quali chiunque avverte l’unità di fondo? Ne parleranno due notissimi studiosi, il musicologo Marco Gozzi (Trento) e la storica dell’arte Fausta Franchini Guelfi (Genova), ambedue interessati da decenni all’arte sacra e specificamente alla sua dimensione liturgica.

Audio Completo

Estratto Video

Articolo de Il Cittadino

La musica e la bellezza

Sabato 19 novembre ha avuto luogo il secondo appuntamento dei  Sermones, il ciclo di “conversazioni su fede, attualità, e cultura” promosso e ospitato dall’Oratorio di San Filippo che ha quest’anno come titolo generale “La musica di Dio”.

Se il primo incontro, il 12 novembre, ha affrontato la curiosa contaminazione fra musica d’opera e musica liturgica tipica della prassi organistica dell’800, il secondo incontro ha invece esplorato il legame fra liturgia, musica e arti figurative, con l’aiuto della prof. Fausta Franchini Guelfi, dell’Università di Genova, e del  prof. Marco Gozzi, dell’Università di Trento.

Nella sua conversazione, arricchita da proiezione di immagini e ascolto di brani musicali, la prof. Guelfi  ha messo in luce come nella liturgia abbiano sempre trovato posto sia la razionalità, che i sensi  e l’emotività. Dopo il Concilio di Trento si afferma l’idea che la chiesa debba essere un’immagine del paradiso: nelle opere d’arte, nei colori, nella musica, nell’uso dell’incenso il popolo che partecipa alla liturgia deve assaporare un assaggio del Cielo. Dal sedicesimo secolo le chiese si riempiono così di immagini e decorazioni che richiamano esplicitamente la beatitudine celeste. Esempi tipici sono le figure di angeli e le rappresentazioni della gloria della Vergine Maria e dei santi. Gli angeli sono esplicitamente messi in relazione con la musica liturgica, ad esempio effigiandoli in corrispondenza dell’organo o della sede dei cantori. I santi rivolgono lo sguardo verso il cielo, figure allegoriche ne visualizzano l’eroicità delle virtù, in composizioni narrative anche complesse.

Nel 1582 mons. Bossio compie una visita accurata delle chiese genovesi e alla fine compila una severa relazione in cui ne mette in luce lo stato di trascuratezza. Si spinge a indirizzare una esortazione al Senato della Repubblica affinché l’aristocrazia cittadina prenda in carico il decoro e l’abbellimento delle chiese della città. Anche le chiese genovesi si arricchiscono quindi di decorazioni, dipinti, affreschi e gruppi scultorei. Le chiese della Nunziata, del Gesù, di S. Filippo, delle Vigne sono esempi tipici dell’estetica di questo periodo.

Il prof. Gozzi, docente di Storia della musica, ha invece affrontato più da vicino il rapporto fra musica e liturgia, con particolare riferimento al canto cristiano liturgico, e in modo particolare al canto gregoriano.

Nel canto liturgico l’enfasi non è posta sulla musica ma sulla preghiera, il canto stesso costituisce una amplificazione della parola (“dalla parola alla Parola”). La musica scava nella profondità della parola e costituisce una forma di esegesi, l’accento stesso della melodia mette in evidenza le parole-chiave del testo, quelle che aprono al Mistero e fanno risplendere la verità.

Passando in rassegna stili ed epoche diverse, presentate anche attraverso esecuzioni dal vivo, il prof. Gozzi ha messo in evidenza la ricchezza e la varietà del canto liturgico, dagli inni della liturgia ambrosiana, vere meditazioni teologiche, fino alla scarna bellezza del canto della tradizione francescana. Un tale patrimonio spirituale comincia a entrare in crisi con la riforma di S. Pio X, che pure aveva l’obiettivo di purificare il canto liturgico e correggerne le storture, forse proprio per l’eccessivo rigore nel valutare il patrimonio tradizionale e la prassi vigente.

A conclusione di questo ricco e appassionante incontro, una domanda: che ne è oggi di questa bellezza, nelle nostre chiese e nelle nostre celebrazioni? Per caso la bellezza ci fa un po’ paura?

Vittorio Sanguineti

 

Autunno in Oratorio VII Edizione – Concerto d’organo

Anno 2011-2012
Luogo Chiesa di San Filippo

domenica 13 novembre ore 16.45
Concerto d’organo
Roberto Cognazzo, Serassi 1816

ROBERTO COGNAZZO

Musicista di formazione eclettica ha iniziato la propria attività nel 1967. Come esecutore pratica il pianoforte, l’organo ed il clavicembalo sia nel repertorio solistico e con orchestra quanto come componente di formazioni cameristiche e collaboratore di celebri partners tra cui i cantanti Katia Ricciarelli, Luciana Serra, Margarita Zimmermann, Renato Bruson, Claudio Desderi, il violinista Ruggiero Ricci, i violoncellisti Misha Khomitzer e Arturo Bonucci, i flautisti Peter Lukas Graf, Susan Milan e Andras Adorjan, i trombettisti Guy Touvron ed Helmut Hunger ed Ercole Ceretta. Nel corso di una quarantennale carriera ha coltivato con particolare successo il non facile genere della conferenza-concerto, allestendo trenta programmi di carattere divulgativo definiti come “conversazioni al pianoforte” e, in campo organistico, si è segnalato come specialista della musica ottocentesca italiana di stile teatrale.

Docente al Conservatorio di Torino dal 1968 al 2003 e, dal 1988, in vari corsi di perfezionamento (tra i quali quelli dell’Accademia Musicale Pescarese e dell’Accademia Internazionale “Perosi” di Biella), ha collaborato dal 1968 al 71 con il Centro di Produzione torinese della Rai; dal 1972 al 79 ha ricoperto il ruolo di pianista presso l’Orchestra del Teatro Regio svolgendo inoltre, dal 1974 al 77, le funzioni di direttore artistico del Piccolo Regio. È sovente invitato in giurie di concorsi nazionali ed internazionali. Ha pubblicato scritti storici e critici e redatto voci per il Dizionario Enciclopedico Utet e il Grove. È autore di numerose pagine cameristiche e corali tra cui le fortunate “Rotazioni” su spunti di Nino Rota. Ha inciso cinquanta LP e CD di musica pianistica, organistica e da camera e partecipato alle serie televisive “Pickwick” (con Alessandro Baricco) e “Prima della prima – Opera Quiz” (con Enrico Stinchelli e Michele Suozzo). Di recente ha iniziato a collaborare con Isvor Fiat e Ferrero University per seminari su leadership e team building ed ha partecipato come correlatore a seminari su matematica e musica insieme a Umberto Eco e Piergiorgio Odifreddi. È autore del libro “Il bis più lungo della storia” (SEI, Torino).

 

Autunno in Oratorio VII Edizione – Melodramma e liturgia

Anno 2011-2012
Luogo Oratorio San Filippo

sabato 12 novembre ore 16.45
melodramma e liturgia
la prassi organistica italiana del secolo XIX
Roberto Cognazzo

L’ 800 è soprattutto per l’Italia il secolo del Melodramma, ed il teatro musicale impone il suo linguaggio a tutti gli altri generi, compreso quello sacro-liturgico. Si tratta davvero di una convivenza singolare che si riflette anche sulla costruzione degli organi, trasformati in vere e proprie scatole sonore, ricche – anche se strumenti piccoli – di colori ed effetti del tutto sorprendenti.

La conferenza ed il concerto cercheranno di spiegare il percorso storico ed estetico di questa singolare pagina di storia musicale.

Audio Completo

Estratto Video

Articolo de Il Cittadino

La musica organistica del secolo XIX

Sabato 12 novembre, presso l’Oratorio di San Filippo Neri, Roberto Cognazzo, organista di fama internazionale, già docente al Conservatorio di Torino, è intervenuto nell’ambito della rassegna “Sermones 2011” sul rapporto tra melodramma e liturgia nella prassi organistica italiana del secolo XIX.

Padre Mauro de Gioia ha introdotto l’incontro commentando le parole pronunciate da Benedetto XVI nel corso dell’Udienza Generale di mercoledì 31 agosto 2011: “Un’opera d’arte è frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni. L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto. Ma ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, la Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera. Si tratta delle opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede”. Le parole del papa inquadrano alla perfezione l’obiettivo della rassegna che – ha spiegato padre Mauro – è soprattutto quello di “comprendere come la musica sia uno dei grandi elementi con cui tra noi uomini parliamo di Dio e con cui Dio parla a noi uomini”.

Tra ascolti di brani dell’epoca, accenti sulle particolarità stilistiche di ciascun brano e brevi cenni biografici dei singoli compositori, Roberto Cognazzo ha mostrato come nell’Ottocento il teatro musicale abbia imposto il suo linguaggio a tutti gli altri generi, compreso quello sacro-liturgico: “Durante il XIX secolo la musica sacra, come tutti gli altri tipi di musica, fu influenzata dal melodramma. Nell’Italia di allora il melodramma e la liturgia, la musica d’opera e la musica destinata al servizio sacro, coincidevano. Tutto quello che si suonava sull’organo derivava dal melodramma. Gli organi stessi erano costruiti per eseguire questo tipo di musica e non altra”. Tuttavia l’intenzione non era qualla di “trasformare la chiesa nella succursale di un teatro: queste musiche creavano comunità. E soprattutto, non faceva alcuna differenza per il pubblico dell’epoca ascoltare una Messa in questo modo. Anche nei piccoli centri l’organista adattava le arie più in voga e ricavava i pezzi da suonare nel corso delle funzioni, alternando musica originale organistica e musica teatrale”.

La commistione tra melodramma e liturgia è senza dubbio un tratto singolare dell’Ottocento italiano. Contrariamente a quanto si possa credere, i compositori dell’epoca – dell’epoca romantica per eccellenza – non ponevano affatto l’accento sulle tinte più emotive. Al contrario: prediligevano pezzi molto allegri, i quali venivano eseguiti nel corso di tutta la Messa indistintamente. L’organo, arricchito di registri quali i timpani, i piatti, il sistro – insoma: di una vera e propria grancassa da banda, era lo strumento più adatto per eseguire questo tipo di musica: “si trattava di effetti graditissimi dal pubblico dell’epoca. Gli ascoltatori esigevano addirittura che l’organista sfruttasse tutti gli effetti dello strumento. Più l’organo era grandioso più l’organista era tenuto a far ascoltare tutti gli effetti possibili”. E ciò sino alla fine della Messa quando “l’organista si scatenava: trombe, clarini, claroni, bombarde, trangoli e campanelli accompagnavano l’uscita del sacerdote dall’altare”.

Domenica 13 il maestro Cognazzo ha quindi offerto ad un folto e interessato pubblico un concerto sull’organo Serassi 1816 della chiesa di San Filippo, illustrando così in modo piacevole e chiaro quanto illustrato il giorno precedente.

 

Autunno in Oratorio VII Edizione – Prolusione inaugurale

Anno 2011-2012
Luogo Oratorio San Filippo

venerdì 4 novembre ore 19
Prolusione inaugurale
S.E.Rev.ma Card. Mauro Piacenza
Prefetto della Congregazione per il Clero

 

commento musicale a cura dei Soli della Cappella Musicale Filippina
Mario Faveto, direzione
Roberto Lizzio, cembalo
 
La prolusione è stata annullata causa maltempo. E’ possibile leggere il testo dell’intervento del Cardinal Piacenza
 

Il Cardinale genovese Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, già Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, è profondo conoscitore del rapporto tra musica, arte e liturgia e grande amante della musica sacra. “La Chiesa è sempre stata amica delle arti;”- ha spesso affermato – “l’arte non è un elemento estrinseco alla liturgia e neppure è puramente decorativo; essa è, piuttosto, parte integrante del culto e la liturgia ha un intrinseco legame con la bellezza”.