Presentazione libro – L’elogio della Coscienza

Anno 2008-2009
Luogo Oratorio San Filippo Neri

Comunicato Stampa

Invito

«Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo pranzo – cosa che non è molto indicato fare – allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa»

È da questa frase del Cardinale John Henry Newman che prende spunto lo straordinario saggio del Cardinale Joseph Ratzinger/Benedetto XVI intitolato L’Elogio della coscienza. La Verità interroga il cuore (Cantagalli, Siena 2009, pp. 176, Euro 13,50).

La presentazione dell’opera avverrà venerdì 19 giugno, alle ore 19, all’Oratorio San Filippo di Via Lomellini, alla presenza del Cardinale Arcivescovo; interverranno il senatore Gaetano Quagliarello (Presidente Vicario Gruppo Parlamentare PDL al Senato) e il professor Angelo Campodonico (Ordinario di Filosofia Morale all’Università di Genova). Moderatrice sarà Maria Antonietta Calabrò, Giornalista del Corriere della Sera.

L’eccellenza di questo libro, che raccoglie riflessioni sulla coscienza elaborate dall’allora cardinal Ratzinger in vari momenti dello sviluppo del suo pensiero e del suo percorso intellettuale, sta proprio nella attualità delle indicazioni, chiare e precise, che egli fornisce sulle questioni inerenti la coscienza. Attualità che si impone all’evidenza del nostro sguardo in una società ove la distinzione tra bene e male, tra ciò che è vero e falso, tra ciò che è giusto o non è giusto fare, assume connotati sempre più incerti. Questa incertezza cronica, che investe il nostro giudizio e la nostra capacità di soppesare i comportamenti e la bontà delle nostre scelte, frutto del libero esercizio della coscienza e di un giudizio “vero” sul reale, colpisce tutti gli ambiti della nostra vita sociale e individuale, con conseguenze disastrose che in modo irrimediabile feriscono la nostra e l’altrui dignità.

Il primato della coscienza affermato dal cardinale Newman adombra forse un inno ad una soggettività superiore a qualsiasi verità che si ancori a criteri oggettivi ed immutabili?

L’oggettività del Magistero della Chiesa deve cedere il campo al primato dell’individuo?

È certo che disancorare la coscienza dalla verità lascia ampio spazio alla libertà di scelta di ciascuno. L’io acquista così un sovranità completa nel discernere il bene dal male e ad esso è rimessa ogni valutazione sulla bontà delle scelte che hanno a che fare con la vita individuale e sociale. Questa libertà di scelta che prescinde da una qualsiasi forma di verità oggettiva può essere anche il parametro cui far riferimento nelle valutazioni che riguardano la collettività. La somma dei giudizi individuali, che prevale rispetto alla somma di altri giudizi, è la linea di condotta che deve essere assunta dalla collettività. Nella forma democratica è la maggioranza che detta le regole di vita del singolo e della società.

È evidente che in una concezione di questo tipo, diviene labile la distinzione tra bene e male, poiché il giudizio è rimesso alla coscienza del singolo o alla somma delle coscienze dei singoli che, non avendo strumenti oggettivi per soppesare il giudizio, si affidano alla decisione della maggioranza. È altrettanto evidente che in una società ove la maggioranza abbia un potere assoluto, illimitato e incondizionato la distinzione tra bene e male sia relativa e dipenda unicamente dal contesto culturale in cui è espresso tale giudizio.

Questo modo di concepire una valutazione e un giudizio sul reale che prescinde da verità oggettive ed immutabili, sia individuali che collettive, è chiamato da Benedetto XVI “dittatura del relativismo”.

A tale concezione può essere opposta, a ragione, una concezione che consideri la coscienza come una forma di memoria della verità. Per Benedetto XVI la verità non può essere separata dalla coscienza, essa ne è parte integrante e costitutiva. La verità, prima ancora di essere annunciata dalla Chiesa, è iscritta nel cuore dell’uomo, è impressa nella nostra coscienza, è parte integrante della natura umana. All’autorità è demandato il compito di sorvegliarla e custodirla. La Chiesa non ha il compito di elaborare la verità, ma di tutelarla, trasmetterla e risvegliarla nelle coscienze degli uomini. “Il linguaggio della natura è identico a quello della coscienza”, è un codice che contempla norme naturali immutabili ed eternamente valide.

Si potrebbe obbiettare che in una concezione di questo tipo la libertà del singolo perda importanza fino a scomparire. In verità, la coscienza è armonia tra rispetto della norma ed esercizio della libertà. Quest’ultima non può essere esercitata in modo indiscriminato, perché essa fa naturalmente riferimento ad una realtà oggettiva, ad unica Verità dalla quale non si può prescindere.