Autunno in oratorio VI Edizione – Coroni l’anno con i tuoi benefici. Prospettive di vita nella stagione della sofferenza

Anno 2010-2011
Luogo Oratorio San Filippo Neri

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“Coroni l’anno con i tuoi benefici”
prospettive di vita nella stagione della sofferenza
Sandro Ratto – Franco Henriquet

Locandina

Articolo introduttivo:
Sabato 4 Dicembre alle ore 16.45 presso l’Oratorio di San Filippo Neri in Via Lomellini, giungerà al termine la terza edizione dei Sermones. L’appuntamento, intitolato ‘Coroni l’anno con i tuoi benefici’ prospettive di vita nella stagione della sofferenza,  conclude il ciclo di quest’anno dedicato alle quattro stagioni della vita umana.
Per l’occasione il Prof. Sandro Ratto dialogherà con il Prof. Franco Henriquet dell’associazione Gigi Ghirotti,  riflettendo sul delicato tema del dolore e della sofferenza che accompagnano la fine della vita umana su questa terra, nel tentativo di allargare lo sguardo ad un’autentica prospettiva di Speranza capace di affrontare la concreta realtà della vita umana anche nelle sue sfide più dure.
Ad accompagnare l’incontro il commento musicale del Maestro Roberto Lizzio al pianoforte e la lettura di alcune poesie di Rosa Elisa Giangoia interpretate dal Dott. Roberto Tomaello direttore artistico del Teatro Ateneo.
Per l’occasione le offerte che saranno raccolte alla fine dell’evento saranno interamente devolute all’associazione Gigi Ghirotti.

Il tema del dolore, della sofferenza e della morte è stato al centro del quarto ed ultimo incontro del ciclo “Sermones 2010 – Le stagioni della vita”, dal titolo “Coroni l´anno con i tuoi benefici. Prospettive di vita nella stagione della sofferenza”, svoltosi sabato 4 dicembre presso l´Oratorio di San Filippo Neri. Dell´argomento hanno discusso il Prof. Sandro Ratto, neurologo membro della Commissione Geriatrica della Regione Liguria, e il Prof. Franco Henriquet, presidente dell´associazione Gigi Ghirotti.
 “Una stagione della sofferenza non esiste.” – ha esordito Henriquet. “La sofferenza attraversa tutta la nostra vita. Certo, l´età più avanzata è più colpita dalla sofferenza poiché con l´avanzare dell´età il pensiero della morte è sempre più incombente. D´altra parte la morte è necessaria affinché altri possano avere la vita”. In questo senso “prima ancora che alla morte, bisogna dare un senso all´esperienza del dolore. Senza dubbio, se non avessimo la percezione del dolore non potremmo sopravvivere. E´ importante però che il dolore non perda il suo dinamismo: quando da fatto necessario il dolore diventa un fatto persistente nasce la domanda: che senso ha questo dolore? Cristo ha dato un senso al dolore dando la Speranza che il dolore sarà ripagato in un´altra vita”. Certo, ha sottolineato Henriquet, “è necessario dare risposte anche a chi non ha fede. In una situazione di fine-vita bisogna far sì che la persona abbia ancora delle prospettive. Per questo difficile compito sono utili persone di buona volontà capaci di venire incontro agli altri, e di capirne le preoccupazioni, i desideri, i timori”.
 A questo proposito Sandro Ratto ha sottolineato che “il dolore spesso è la porta attraverso cui entra nella nostra vita il senso escatologico del tempo” e che “la vera cura del dolore è il rispetto e la ricerca della verità, che per i cristiani è il pensiero dell´esistenza di un´altra vita. I pazienti hanno il diritto della verità”. E´ in questo contesto – ha detto Ratto – che “s´inserisce l´elemento della relazione tra il medico e il paziente: la persona può morire serena solo se vive gli ultimi istanti della sua vita in relazione con gli altri. La relazione è dunque l´essenza stessa della vita. Essa è però sempre a-simmetrica poiché la fragilità caratterizza una delle parti”. Certo, ha concluso Ratto “negli ultimi anni il rapporto medico-paziente è entrato in crisi. Dopo gli orrori dell´ultima guerra è oggi il senso di onnipotenza causato dallo sviluppo tecnologico a creare instabilità nel rapporto di relazione”.
Del resto, la medesima instabilità è oggi riscontrabile, oltre che nel rapporto tra l´uomo e il dolore, anche nel rapporto stesso con la morte. In tutte le culture ci si pone dinanzi alla morte con un atteggiamento di stupore, con la profonda coscienza ch´essa sia qualcosa d´innaturale e d´inconcepibile; in tutte, meno che in quella quella occidentale moderna. Nel mondo cristiano medievale la morte era considerata alla stregua di un temporaneo letargo che si sarebbe concluso con la resurrezione. Per questo motivo i cimiteri erano posti negli abitati: i morti erano seppelliti nelle chiese o attorno ad esse: ed era questo un costume così radicato che, all´inizio dell´Ottocento,  la pratica igienica d´origine illuminista che diede luogo allo spostamento dei cimiteri al di fuori dei centri abitati fu, in un primo momento, avversata, come prova la reazione del Foscolo al napoleonico “Editto di Saint-Cloud” che lo indusse a scrivere il suo capolavoro, I sepolcri.
Un vero mutamento di mentalità si era dunque prodotto con la modernità, allorché il vivere era divenuto più dolce e comodo, e l´abbandonare questa terra proporzionalmente più duro; e ciò perché, negli anni della crisi, la morte è più drammaticamente presente nella società; ma anche perché, intanto, si è imparato a vivere meglio e ad affezionarsi maggiormente all´esistenza. Al giorno d´oggi la morte è nascosta e circondata di eufemismi; ma proprio questo silenzio rende più profonda la paura e più evidente l´angoscia dell´uomo di fronte ad essa, e lo spettro della morte torna, in forma selvaggia, ad aggredire l´inconscio e a dominare una vita in apparenza frivola e gioiosa. Oggi, appare necessario reimparare ad addomesticare la morte. Tale obiettivo fa parte dell´indispensabile recupero della “cultura del limite”, senza il quale l´Occidente sarà condannato al suicidio.
Antonio Musarra